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Come la digital transformation nel settore bancario sta rivoluzionando i processi interni, andando oltre la user experience
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Ne parlano Elena Fasolo (NELLA FOTO), Business Line Manager Digital Banking di Kirey Group, e Giorgio Gavioli, Digital Transformation Executive di Kirey Group

In Italia ci sono circa 47,7 milioni di correntisti (fonte: Banca d’Italia), più della metà dei quali ha rapporti con un unico istituto di credito (66%). Le banche fanno parte della nostra quotidianità e, proprio per questo, le modalità con cui vi stiamo interagendo sono in fase di forte ridefinizione.
Accesso ubiquo e digitale, senza dover necessariamente andare in filiale, interfacce intuitive e user friendly, performance e velocità, processi snelli e fluidi, poca burocrazia e documentazione. Le richieste della clientela bancaria odierna sono sempre più chiare e possono essere riassunte con un’unica parola: agilità.

Esattamente da questa prerogativa nasce il concetto di Agile Banking, ovvero l’assimilazione di un nuovo approccio che consente alle banche di occuparsi delle problematiche del customer journey scomponendole a livello micro e di sfruttare ogni cambiamento approntato per una crescita migliorativa ed incrementale.

Il concetto ha chiaramente una derivazione IT, un mondo che ha fatto del suo modus operandi trasparente e data-driven, orientato a testare e imparare continuamente, uno degli elementi basilari del successo aziendale.

Ma cosa comporta veramente essere agili per una banca? Fino a che punto deve penetrare la digitalizzazione? E quanto questo processo dipende da fattori interni o esterni?

L’user experience, la punta dell’iceberg

Sulla scia della digital transformation, tanto i clienti consumer quanto gli utenti business cercano oggi nelle banche interfacce semplici ed efficienti, simili a quelle di Amazon, Google o Netflix.

Eppure, l’user experience non può essere considerata che una minima parte di una vera rivoluzione agile. Il front-end può essere un inizio, chiaramente nel segno della digitalizzazione, perché l’agilità passa dall’implementazione di nuove tecnologie e piattaforme, ma ancor di più da una trasformazione graduale, improntata sul fronte dell’organizzazione, dei processi, delle metodologie e delle infrastrutture, abilitando la creazione di una gamma di servizi componibili in modo veloce, con un time to market ristretto.

Il fattore culturale: l’importanza di un approccio integrale

La tecnologia, conseguentemente, non basta: si deve agire anche sull’organizzazione, spesso molto strutturata, e sulla modalità di gestione dei progetti di rinnovamento, coniugando front-end e processi interni.

In quest’ottica, il peso del fattore umano-manageriale risulta decisivo: bisogna avere il coraggio di cambiare, ripensando i propri paradigmi organizzativi e dando potere a team multidisciplinari che forniscono soluzioni end-to-end alle sfide aziendali. E proprio per questo, l’apertura al cambiamento organizzativo è un fattore critico per il successo della trasformazione digitale.

L’agilità presuppone una squadra dotata di quella visione, quella strategia e quella modalità implementativa, capace di seguire i clienti e trasformarsi anche internamente con la stessa velocità. Ma non è tutto. Per affrontare una rivoluzione così radicale, bisogna anche saper scegliere i giusti IT partner.

Alla ricerca dei “trasformatori”, ovvero i partner “composable”

Gli IT vendor e system integrator che si candidano a supportare il processo di trasformazione digitale delle banche devono sposare a loro volta un modello agile, dimostrando di poter offrire soluzioni tra loro combinabili. Questa trasformazione coinvolge ambiti diversi:la tecnologia, introducendo piattaforme che consentono di rendere modulare e riutilizzabile la realizzazione dei servizi di business digitali e di catturare il più ampio segmento del mercato nel più breve arco temporale, come nel caso di Flutter, un SDK lanciato di recente da Google che consente agli sviluppatori di creare applicazioni per iOS, Android, Huawei, Web e Desktop utilizzando un’unica base di codice; il portfolio di prodotti, che dev’essere proposto con un servizio altamente personalizzato, configurabile e che permette via app di finalizzare l’acquisto di prodotti finanziari eterogenei, come, ad esempio, le polizze, ma anche servizi più innovativi come l’offerta alle piccole-medie imprese di portali di operatività bancaria, arricchiti con nuove funzionalità come la misurazione di criteri ESG e la produzione di report dedicati, rispondendo alle esigenze attuali e future delle banche. I processi, implementando una forte automazione per ottimizzare ed efficientare attività oggi ancora molto manuali. Ambiti di azione diversi, inoltre, comportano necessariamente qualità e competenze diversificate. Per questo motivo differenti partner, in virtù delle loro skill distintive, potranno agire su più aree, ma rispondendo sempre a una logica di agilità organizzativa che deve fungere da innesco per inverare la trasformazione agile anche all’esterno.

La guida immancabile: la strategia

Ultimo elemento, ma certo non meno importante degli altri, deve essere la presenza di una precisa visione strategica della trasformazione digitale agile, suddivisa su più orizzonti temporali, dal piano quinquennale al fronte operativo annuale.

Il tutto, guardando a un percorso “never ending” dove la capacità di costruire nuovi modelli organizzativi e processuali deve convivere con le mutevoli esigenze di mercato.

Il periodo pandemico, ad esempio, ha comportato l’imporsi di un approccio completamente diverso per le banche, come il remote offering, dove l’istituto fornisce tutti i documenti al cliente per firma digitale, devolvendone la gestione al relationship manager.

Ma a volte sono proprio fenomeni imprevisti e incontrollabili come questi a dare la spinta all’innovazione; perciò, essere agili ad adattarsi ai cambiamenti sta diventando sempre di più la chiave di volta per rimanere competitivi sul mercato.

 

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