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Impresa 4.0 è la vera opportunità da cogliere Impresa 4.0 è la vera opportunità da cogliere
di Annamaria Di Ruscio AD di NetConsulting cube   Non fermiamoci ad Industria 4.0 Credevamo di essere stati fortunati ad aver vissuto in prima... Impresa 4.0 è la vera opportunità da cogliere

di Annamaria Di Ruscio AD di NetConsulting cube

 

Non fermiamoci ad Industria 4.0

Credevamo di essere stati fortunati ad aver vissuto in prima persona ed appieno la rivoluzione dell’IT, quella che alla prova dei fatti è stata la terza ondata rivoluzionaria dopo quella dell’Elettricità alla fine del XIX secolo e della Macchina a Vapore, giusto un secolo prima.

E invece abbiamo la netta sensazione di essere nel pieno di una nuova ondata, quella del Digitale pervasivo e diffuso; quella che non abbiamo ancora avuto il coraggio di battezzare ufficialmente, ma che potrebbe essere ricordata come quella dell’Impresa 4.0, in cui il Digitale non è più solo addizionale rispetto all’attività dell’Uomo, ma in molte situazioni si affianca e in talune, specie prospetticamente, ne diventa sostitutivo.

Su Industria 4.0, molto è stato già detto, anche se le ampie discussioni hanno contribuito a chiarire esigenze e gap da colmare, ma non a strutturare un’agenda di piena esecuzione strategico-operativa.

Secondo dati pubblicati da Roland Berger, il peso dell’industria manifatturiera degli ultimi 15 anni ha visto un progressivo spostamento, a livello mondiale, verso i Paesi emergenti, soprattutto Cina, Sud America, Africa e Medio Oriente. Se infatti nel 1991 il valore aggiunto della Manifattura mondiale era focalizzato per l’80% nelle zone “sviluppate” – di cui il 36% nell’Europa Occidentale, il 24% in Nord America e il 18% in Giappone – negli anni 2000 è iniziato un deciso spostamento verso i Paesi emergenti, che oggi rappresentano il 40% del valore aggiunto globale del settore; i soli Paesi Asiatici, Giappone escluso il Giappone, rappresentano da soli il 31% del valore totale della manifattura mondiale.

Eurostat sottolinea come nel 2014 il peso del manifatturiero in Europa sia stato pari al 15% del totale dell’economia. In Italia, questo valore è passato dal 17,7% del 2007 al 15,5% del 2014; situazione analoga emerge per Francia e Spagna. Solo in Germania è ancora superiore al 20%.

La Commissione europea è  consapevole dei ritardi culturali dei nostri soggetti economici, dei limiti derivanti dalle ridotte dimensioni delle imprese e dalla importante presenza di PMI, della difficoltà di far in modo che casi isolati di eccellenza riescano a fare massa critica ed a diventare trainanti per l’intera Economia. Ed è per questo che si muove per creare una cornice nella quale inserire le diverse strategie nazionali di sviluppo ed un quadro organico di indirizzo globale a livello europeo che eviti o quantomeno riduca la frammentazione dei mercati. Così, ad aprile 2015 Günther Oettinger, commissario all’Economia digitale della Commissione europea, ha annunciato la presentazione di una vasta iniziativa per traguardare nell’Ue i temi della quarta rivoluzione industriale.

L’obiettivo del Piano è di portare l’incidenza del settore manifatturiero sul PIL europeo al 20% entro il 2020, grazie anche a 50 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati a sostegno della digitalizzazione dell’Industria: un pacchetto che prevede norme tecniche, l’individuazione di alcune precise practices da implementare, strumenti amministrativi per facilitare il rapporto tra cittadini e servizi pubblici digitalizzati. Il piano sarà varato entro il 2017, sarà connesso con la strategia per il Mercato unico, il piano energetico, l’unione dei mercati dei capitali e l’economia circolare, e sarà estremamente articolato.

Da un lato, vengono focalizzate le componenti tecnologiche e di servizio: 5G, Cloud, IoT, dati e cyber sicurezza, Cloud (solo per questo sono previsti investimenti per 6,7 Mld€). Dall’altro, le misure prevedono contributi, coinvestimenti con fondi strutturali, rafforzamento di vecchi e nuovi poli di innovazione con un fondo di 0,5 Mld€, progetti pilota su IoT, Industry 4.0, smart city, domotica, automobili connesse; e ancora, nuove norme sui dati generati dai dispositivi intelligenti ed un’Agenda per le competenze digitali.

Anche l’Italia si è attivata. In audizione presso la Commissione delle Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine su Industria 4.0, il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato che l’azione del Governo per spingere lo sviluppo del settore industriale, in particolare quello manifatturiero, verso l’economia 4.0, si fonda su tre principi: l’abilitazione di “un business environment che promuova l’iniziativa imprenditoriale e la formazione del capitale umano”; la semplificazione burocratica e la riduzione dell’imposizione su famiglie e imprese; con una politica che incentivi gli investimenti ad alto contenuto tecnologico e digitale”.

Siamo ancora lontani da svolte epocali, come quella del 2011 negli Stati Uniti, con la nascita di AMP – Advanced Manufacturing Partnership, tesa a sugellare l’impegno dell’esecutivo Obama per la reindustrializzazione del paese, che riunisce imprese industriali, grandi nomi dell’ICT, Centri di ricerca e Università con l’obiettivo di innovare la manifattura in ottica “Smart Manufacturing Platform” basata su un approccio standard e collaborativo, per restituirle centralità dal punto di vista della capacità occupazionale. O come quella della Germania, il cui Piano “Industrie 4.0” individua un’iniziativa del Governo che ha l’obiettivo di definire e implementare una strategia di digitalizzazione della manifattura nazionale, da realizzarsi attraverso progetti di innovazione e quindi di trasferimento tecnologico, su un orizzonte di 10-15 anni, per consegnare all’industria manifatturiera tedesca la leadership nei successivi decenni. Al centro, il concetto di CSP – Cyber Physical System, ottenuto attraverso la sensorizzazione in modalità Industrial IoT dell’impianto e del suo contesto operativo e la costruzione di un “modello” che lo virtualizzi e consenta di monitorarlo, di simularne il comportamento da solo o per inserirlo in un sistema più complesso, con l’obiettivo di efficientare le attività e di controllare in modo automatico macchinari e processi.

Sfruttando la forza del proprio ecosistema di ricerca ed industriale, il programma tedesco coinvolge produttori di sistemi e componenti di automazione, aziende ICT, grandi nomi dell’industria automobilistica e di processo, Centri di ricerca nazionali; e la governance, termine che in Italia sembra apprezzato, è affidata ad uno Steering Committee responsabile di definire le strategie ed indirizzare i singoli gruppi di lavoro, supportato da uno Scientific Advisory Committee e da un Governing Board con funzione di supervisione della definizione della strategia e delle attività pubbliche.

Non vi è pertanto dubbio che Industria 4.0 genererà una serie rilevante di vantaggi e cambiamenti, stimati da McKinsey nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari a livello mondiale: l’ottimizzazione delle fasi di prototipazione e della gestione degli asset e degli impianti; l’ottimizzazione della produzione, con il controllo da remoto delle fasi produttive, l’ottimizzazione di tempi e cicli produttivi; la riduzione dei tempi di fermo macchina; il miglioramento del time-to-market; ed altri ancora. Ma l’impatto maggiore sarà l’Innovazione di prodotto e di servizio con la creazione di nuovi oggetti connessi ed intelligenti e nuovi servizi da offrire ai Clienti, che saranno sostenuti dalla Trasformazione digitale non solo delle linee produttive, non solo dell’Industria ma dell’intera Economia e Società.

Non ci deprime che in Italia il Piano “Industria 4.0” abbia già subìto molti slittamenti. Non ci consola il fatto che, ripreso con entusiasmo dal neo Ministro Calenda, potrebbe vedere presto la luce. Ci preoccupa che sia interpretato come un’iniziativa settoriale, limitata, circoscritta, e non come un passaggio chiave dell’orientamento del Sistema Italia verso un nuovo modello di Impresa 4.0: la correlazione forte ed in tempo reale dei processi tutti di un’impresa, di questa con il suo ecosistema a monte e a valle, inclusi i clienti-consumatori (e cittadini). Ma anche la creazione di nuovi ecosistemi per realizzare nuovi prodotti e nuovi modelli di business. Con nuovi sistemi di pagamento anche. Con il compendio (e l’integrazione) di tutte le componenti tecnologiche, digitali, di automazione, di elettronica e robotica, e delle connessioni di rete.

Questo modello di impresa contribuisce al recupero di competitività, nell’Industria come nei Servizi, nella Finanza, nell’Amministrazione centrale e locale, nel sistema sanitario.

La speranza è che, invece di correre il rischio di arrivare ancora una volta in ritardo cercando una strada nazionale ed Industria 4.0, riusciamo a coniugare questa come una componente del modello Impresa 4.0, termine con cui la stessa Assinform ha deciso di titolare il suo convegno annuale; e per una volta riusciamo a fare convivere una visione di lungo periodo con una serie di incisive azioni di breve e medio termine, e chiediamo a tutti gli stakeholder del Paese un contributo attivo.

Dal saper interpretare appieno il concetto di Impresa 4.0 deriverà per il nostro Paese la capacità di essere competitivo per i prossimi 15 anni.

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